giovedì 10 luglio 2014

Il trattore del signor Orban Voorwaardelijk


IL TRATTORE DEL SIGNOR ORBAN VOORWAARDELIJK
(se fosse esistito)
ovvero il grave problema della gravità
ovvero entropia portami via

Secondo alcuni, due sono i poli gravitazionali che attraggono l’arte verso il suo futuro: le nuove tecnologie, e l’arte come relazione tra le persone e le cose. Ci sono poi i catastrofisti: a dar retta a loro, nella migliore delle ipotesi torneremo a dipingere le pareti delle caverne. Ecco, forse da lì hanno avuto origine molte cose. Ma andiamo con ordine.

Il critico d’arte olandese Erik Voorwaardelijk proporrebbe una chiave di lettura dell’arte “a venire” sconosciuta ai più, ma non per questo non interessante. Chiave di lettura sconosciuta ai più perchè certo non si può dire che Erik Voorwaardelijk sia un critico d’arte, anzi non si può proprio dire che sia, dal momento che non esiste nessuno con questo nome (oppure, se esiste, le probabilità che esista e sia un critico d’arte sono molto basse); ma considerando che “Voorwaardelijk” in olandese significa “Condizionale”, il condizionale è d’obbligo per esporre la sua teoria sull’arte “a venire”.

Per tracciare un profilo di quella che sarà l’arte da qui a cent’anni, Voorwaardelijk partirebbe da molto lontano nel tempo, mantenendo lo sguardo fisso su un certo evento, e procedendo poi all’indietro verso il presente e dunque l’avvenire; camminando all’indietro ma verso il futuro; e questo giustificherebbe anche una certa incertezza nel dove vorrebbe andare a parare, dal momento che camminare all’indietro non permette di evitare gli ostacoli e garantisce, alla lunga, spettacolari capitomboli. Tuttavia, date le premesse, certo non si può dire che l’inciampo sia un evento imprevisto, messo sinceramente in conto, e di questi tempi non si può disdegnare la sincerità di Voorwaardelijk (se esistesse).

Se la storia dell’arte ha le sue precise ragioni per giustificare l’uso, da un certo punto in poi, della cornice per incorniciare le opere d’arte – e basterà sfogliare distrattamente molte pubblicazioni in merito per farsi un’idea fin troppo precisa della bontà di tali spiegazioni – Voorwaardelijk (se esistesse) proporrebbe invece una spiegazione alternativa, che molti potrebbero paragonare ad un ramo evolutivo non andato a buon fine, date le premesse, ma pur sempre un ramo interessante, certo destinato ad estinguersi; ma che cosa non si estinguerà, alla lunga? Se è vero che un bel gioco dura poco, la resistenza di una teoria nel corso del tempo non è un parametro che ne determina immediatamente la sua veridicità. Nè, tantomeno, la sua bellezza. E’ preferibile una lunga bugia insipida oppure una breve bugia folgorante?

Alle grandi illusioni, e successive disillusioni, alle quali la razza umana sembra non volersi mai abituare – a cominciare dalla Terra al centro dell’universo, fino alla teoria della Mano Invisibile che, mi dicono, fa gli interessi della comunità proprio grazie all’egoismo individuale, incredibile! – molti apprezzerebbero (sempre se esistesse) la meravigliosa breve vita da farfalla della teoria di Voorwaardelijk a proposito del perchè gli artisti, o chi per essi, abbiano iniziato a fare uso della cornice attorno al quadro, e cioè: per nascondere il bordo della tela, lo spessore dell’opera, quel piccolo lato di taglio (oppure taglio di lato) che non si dipinge ma: c’è, e rivela che dietro a tutti gli strati di colore più evocativi di cui un artista è capace c’è pur sempre un espediente, ad esempio un pezzo di stoffa teso tra quattro assi di legno.

Proprio per questa ragione, la teoria di Voorwaardelijk a proposito dell’arte “a venire” sarebbe stata definita da molti (se fosse esistito un Voorwaardelijk critico d’arte olandese a pensare una simile teoria) quella dello spigolo. La Teoria dello Spigolo, scriviamolo con le maiuscole e diamole la dignità che si meriterebbe (sempre se esistesse). Da questa semplice considerazione, cioè che: denudata della cornice, l’opera rimane nuda e l’osservatore rischia di vedere gli spigoli non dipinti, Voorwaardelijk prenderebbe spunto per costruire una metafora che riguarda tutta l’arte, e non solo quella visiva su tela.
Voorwaardelijk (se esistesse) affermerebbe che un osservatore, di fronte ad un’opera d’arte, ha una certa probabilità di accorgersi degli spigoli dell’opera stessa. Questa epifania della reale materia dell’opera d’arte, questo disvelamento di che cosa c’è dietro, interromperebbe la narrazione e il flusso di sensazioni che l’artista, attraverso l’opera, avrebbe voluto trasmettergli, trasportandolo al contrario e immediatamente su un altro piano di comprensione. Le probabilità che l’osservatore si accorga degli spigoli di un’opera d’arte rientrano nel campo di indagine della statistica descrittiva.

Se lanciamo una moneta, ci sono tot possibilità che (lo sguardo dell’osservatore) cada su una faccia e tot che cada sull’altra. Ciascuno di noi avrà provato almeno una volta nella vita ad ipotizzare che la moneta resti in equilibro sul suo spigolo: nessuno ha mai assistito ad un evento del genere, ma una remota possibilità esiste. Passo successivo: prendiamo ora in considerazione un dado. Lanciando un dado, ci sono tot possibilità che (lo sguardo dell’osservatore) cada sulla faccia numero 1, oppure sulla faccia numero 2, oppure sulla 3, sulla 4, sulla 5 ed infine sulla faccia numero 6. Notiamo però che il numero di spigoli, data la diversa figura (di geometria solida) rappresentata dal dado, è aumentato! C’è una remota possibilità che il dado (e lo sguardo dell’osservatore) si fermi sullo spigolo tra la faccia numero 1 e la faccia numero 2, a cui aggiungiamo la remota possibilità che il dado si fermi (e lo sguardo) sullo spigolo tra la faccia numero 3 e la faccia numero 4, e via dicendo.

Voorwaardelijk affermerebbe (sempre se esistesse): aumentando il numero di facce del solido osservato, aumenta proporzionalmente la remota possibilità che accada di osservare uno degli spigoli del suddetto solido. Più facce = più spigoli. Analogamente, più un’opera d’arte ha sfaccettature, cioè possibili punti di vista ed interpretazioni, più aumenta la possibilità che l’osservatore incappi in uno dei suoi spigoli.

In uno dei suoi scritti, Voorwaardelijk affermerebbe (se esistesse) che l’idea iniziale per la Teoria dello Spigolo gli sarebbe venuta quando, aiutando suo padre in campagna (il signor Orban Voorwaardelijk), questo gli avrebbe detto che preferiva tenersi il suo vecchio trattore invece che acquistarne uno moderno, pieno di fronzoli e funzionalità inutili, perchè: meno ingranaggi ha un motore, meno possibilità ci sono che si rompa uno di essi e che quindi il trattore smetta di funzionare.

Ma Voorwaardelijk non si sarebbe fermato qui (se fosse esistito e avesse avuto la possibilità di arrivare a concepire una simile teoria), si sarebbe infatti posto la domanda: sono in grado di immaginare un solido levigato a tal punto da non presentare spigoli; e dunque per analogia: produrre un’opera d’arte a tal punto levigata da assicurare all’osservatore che (pur senza il trucchetto di prestigio della cornice) non correrà il rischio di incappare in uno spigolo; e quindi non spezzare l’incanto dell’osservazione, il coinvolgimento nella narrazione, la compartecipazione dello spettatore nell’opera dell’artista?

“Si chiama sfera”, sarebbe stata la laconica risposta di un qualsivoglia vecchio barbagianni dell’arte contemporanea (questi, invece, a differenza di Voorwaardelijk, esistono).

Voorwaardelijk (se fosse esistito) si sarebbe indignato per una tale obiezione, mirata a far crollare su se stessa, come un castello di carte, tutta la Teoria dello Spigolo. La sfera è sempre uguale, che sia piccola, oppure che sia grande; offre un solo punto di vista, non c’è sfera che non differisca sostanzialmente da un’altra se non per dimensioni; dunque per analogia: sarebbe come dire che esiste una sola opera d’arte e un solo punto di vista; e allora perchè fare arte. E soprattutto: l’evidenza empirica della realtà relega la contro-teoria della sfera (scriviamolo in minuscolo e stiamo dalla parte di Voorwaardelijk, che tanto non esiste e dunque non ce ne verrà nessun male) ad un grossolano tentativo di discredito; non ci sono due artisti che possano realizzare, anche intenzionalmente, la stessa identica opera d’arte, suvvia.

Un indizio per la risoluzione di questo dilemma (il solido senza spigoli, l’opera d’arte senza spigoli), che Voorwaardelijk avrebbe tentato di sviscerare nel corso dei suoi ultimi sei anni di vita, sarebbe giunta (se fosse esistito lui e questo problema) nel 2002, tra le righe di un’intervista di Luther Blissett al Professor Bad Trip, sulle pagine de “L’Almanacco Apocalittico” del mese di marzo:

"A causa della forza di gravità e per motivi economici di razionalizzazione dello spazio, la maggior parte delle case, dei palazzi, delle gallerie e dei musei sarà sempre costruita con pavimenti orizzontali e mura verticali sulle quali appendere ogni sorta di artefatto bidimensionale; in questa funzione sempre attuale, non ci sono differenze tra un quadro, una grafica, un poster, una fotografia, ecc."

Eccola là, la pista che Voorwaardelijk (se fosse esistito) avrebbe cercato tanto a lungo! La forza di gravità. Quella stessa forza di gravità che avrebbe mantenuto al suolo il trattore di suo padre (la sua prima fonte di ispirazione, sempre se fosse esistito), la stessa che dalle grotte di Lascaux, per passare ai castelli medievali e alle moderne gallerie d’arte, obbligava lo spettatore ad osservare opere d’arte appese o appoggiate al suolo, era quello l’indizio mancante che fino ad allora gli aveva impedito di portare a compimento la sua Teoria dello Spigolo. Certo, grazie alla forza di gravità si era evoluta la vita su questo pianeta (e peraltro esisteva un pianeta); ma era la stessa forza maligna che lo avrebbe angustiato con i dolori articolari dovuti all’età. Se Voorwaardelijk fosse esistito e dunque avesse potuto provare dolori articolari. In una delle sue pagine più toccanti, avrebbe scritto: “se smettessi di esistere io, smetterebbe di esistere anche il dolore che provo; dunque il dolore che provo esiste se ci sono io, e quando non ci sarò più io cesserà il dolore”. Ma non l’ha scritto, dunque a Voorwaardelijk è stato risparmiato di soffrire per quella grave forma di artrite.

Dunque, per rendere inattaccabile la sua Teoria dello Spigolo, Voorwaardelijk avrebbe dovuto provare a sottrarre dalla sua equazione la forza di gravità; per farlo, avrebbe dovuto capire innanzitutto in che cosa consiste questa forza. Si sarebbe avvicinato allo studio della fisica, con rinnovato impegno – nonostante l’età e la sua malattia – avrebbe ripreso a seguire conferenze, leggere volumi che richiedevano competenze molto specifiche, si sarebbe appassionato all’augmented reality, la realtà aumentata costruita ad hoc dai programmatori di software che, naturalmente, ignorava la forza di gravità, permettendo di sospendere a mezz’aria immagini e proiezioni di opere d’arte.

Con lo spirito metodico che l’avrebbe contraddistinto, Voorwaardelijk (se fosse esistito) avrebbe studiato le teorie di Platone, di Aristotele e di Keplero; avrebbe superato le debolezze del modello di Newton grazie alla teoria della relatività generale di Einstein; di questo, avrebbe apprezzato enormemente l’affermazione che la gravità non è una forza come tutte le altre, bensì una proprietà della materia che deforma lo spazio-tempo. Ecco! L’opera d’arte deforma lo spazio-tempo! Sia nella sua struttura materiale, che nella sua struttura di significato.

Dunque, se esiste l’opera d’arte, avrebbe concluso Voorwaardelijk, e l’opera d’arte è materiale, è insito nella sua struttura fisica produrre deformazioni spazio-temporali; e lo spigolo, beninteso, sarebbe stato inevitabile. La Teoria dello Spigolo avrebbe recitato così: “Non si dà opera d’arte senza spigoli”, laddove per spigoli si sarebbe inteso sia un bordo materiale dell’opera stessa, sia una crepa attraverso la quale era possibile che lo sguardo dell’osservatore ne cogliesse la verità materiale dietro celata, la struttura fisica di supporto.

L’arte sarebbe stata tale, dunque, proprio perchè rischiosa. Niente rischio, niente arte.

Erik Voorwaardelijk, se fosse esistito, sarebbe morto prima di conoscere la recentissima teoria di un suo connazionale, il fisico olandese Erik Verlinde, che (invece esiste e) afferma: “la gravità è spiegata in ragione di una differenza nella concentrazione di informazione nello spazio vuoto che separa e circonda due masse. La gravità è quindi una forza entropica, l'effetto di una causa esistente ad un livello più profondo della realtà microscopica.” Forse, Voorwaardelijk avrebbe potuto scrivere, per analogia: ogni opera d’arte genera entropia, pur cercando di perseguire l’ordine. Ma non lo scrisse, perchè non è esistito, così come non scrisse nulla di tutto ciò che è stato raccontato sopra. D’altro canto, gli fu risparmiato, non essendo mai esistito, di assistere allo scempio causato dalla tendenza all’entropia dei giornalisti, che riportarono sui quotidiani in modo troppo semplicistico, e senza averla capita, la teoria di Erik Verlinde, intitolando: “la gravità non esiste”.

Se così fosse, niente gravità, niente materia, niente trattore, niente rischio, niente arte. Voorwaardelijk aveva ragione, pur non essendo esistito.




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